20. UGO BOCCATO – Monografia del prof. Leobaldo Traniello - 1992

copertina monografia del prof. Leobaldo Traniello
Leobaldo Traniello
UGO BOCCATO
(Adria 1890-1982)

Minelliana

Ugo Boccato è uno dei più significativi pittori polesani, ma fuori dal Polesine è poco noto.
E vero che dal 1966 è comparso nei vari repertori dei pittori italiani contemporanei, e non solo in quelli pubblicati in Italia: ma si sa che questi repertori hanno un significato storico - critico analogo a quello delle "pagine gialle" degli elenchi telefonici.
Prova ne sia che nelle notevoli mostre tematiche organizzate (nel 1986, nel 1987 e nel 1991) al Castello Estense della Mesola, a pochi chilometri da Adria ma in provincia di Ferrara - mostre nelle quali accanto ai massimi nomi dell' arte italiana del nostro secolo comparivano, giustamente, anche autori di minor peso (e anche alcuni di peso minimo: ma le panoramiche debbono avere la necessaria completezza); in quelle mostre, dunque, Boccato risultava sconosciuto.
Eppure avrebbe potuto figurarvi in modo del tutto degno.
Del resto, se poté toccare alcuni dei traguardi più ambiti per un pittore - la Quadriennale di Roma (1939) e la Biennale di Venezia (1948) - vuol dire che la sua pittura supera chiaramente la dimensione provinciale.
A Boccato hanno nuociuto due fatti: l'essere vissuto in una provincia che ha tardato ad attrezzarsi sul piano culturale e su quello organizzativo nei riguardi dell'arte figurativa, e l'aver avuto un temperamento impulsivo che lo ha portato a non elaborare alcuna pianificazione strategica della propria attività.
Ma Boccato fu un artista che rispose con sincerità ad una vocazione pittorica autentica: per questo merita di essere conosciuto per quello che è stato veramente.
NOTA PREVIA
La ricostruzione della biografia personale di Ugo Boccato si presenta difficile: le notizie che egli ha lasciato di sé - in occasione di mostre personali o consegnandole ai redattori dei cataloghi degli artisti italiani del '900 - sono assai scarne e decisamente confuse; non per tutte, comunque, la verifica è stata possibile.
Quello che sono riuscito a mettere insieme è dovuto per la massima parte alla collaborazione di Franz Boccato, uno dei figli del pittore, che ha interrogato famigliari ed amici, e ha cercato fra le cose che erano state del padre.
Quest' ultimo è stato un lavoro non da poco, perché l'artista non fu affatto diligente nel raccogliere, e tanto meno nell' ordinare, una documentazione sulle proprie attività e sulle proprie vicissitudini.
Le informazioni raccolte sono state comunque numerose, e ringrazio qui Franz Boccato per avermele messe a disposizione.
Non meno difficile è stato ricostruire la biografia artistica del pittore adriese.
Oltre ad un gran numero di disegni (sui quali, oltretutto, esiste già una pubblicazione di Paolo Rizzi), sempre grazie alla collaborazione del figlio dell'artista sono riuscito ad esaminare circa 900 dipinti di Boccato.
Supponendo però che il pittore abbia realizzato in media un quadro la settimana (ed è chiaramente una stima prudenziale), e tenendo conto che è stato attivo per circa settant'anni; risulta evidente che le opere individuate costituiscono solo un campione - per quanto rilevante - della sua produzione.
Purtroppo non sono riuscito a reperire quasi nessuno dei quadri citati nelle cronache dei giornali; né alcuni di cui esistono fotografie che li fanno supporre di grande interesse.
Ancora: pochissime opere di Boccato sono datate o databili con sicurezza: troppo poche per costituire una trama abbastanza organizzata da consentire di incasellarvi le altre opere in modo abbastanza sicuro.
Malgrado tutto questo, le linee essenziali della figura artistica di Ugo Boccato mi sembrano chiare a sufficienza per consentire di dare di lui un ritratto che abbia il crisma dell' attendibilità.
Ugo Boccato nacque ad Adria, in una modesta casa del Borghetto (sull'attuale Via Cesare Battisti), 1'8 dicembre 1890, secondo dei cinque figli (tutti maschi) di Romano Boccato e Anna Casellato.
Le condizioni economiche della famiglia non erano di larghezza, tuttavia il mestiere di calzolaio permetteva a Romano Boccato non solo di non aver bisogno di far lavorare i figli fin dalla fanciullezza, ma anche di poter curare la loro istruzione oltre il livello elementare.
Ugo frequentò la scuola primaria fino alla 7^ (o aIl' 8^) classe, manifestando una chiara propensione per il disegno: tanto che i suoi genitori decisero di assecondare tale inclinazione, sia pure nei limiti loro consentiti da ciò che Adria poteva allora offrire.
Per un paio d'anni, dunque, Ugo studiò disegno e pittura privatamente presso Antonio Casellato, un giovane adriese (era nato nel 1884) che aveva studiato pittura all'Accademia di Belle Arti di Venezia; dopo questo primo tirocinio, nel 1906 fu iscritto alla Scuola d'Arti e Mestieri (sezione Disegno decorativo), sempre di Adria, che era allora diretta dal prof. Antonio Viaro: ne uscirà dopo tre anni, terminando regolarmente gli studi, con l'assegnazione del primo premio.
La scuola di Boccato dovette concludersi qui: aveva 19 anni, ma la sua formazione artistica era soltanto generica. In sostanza, Boccato fu un autodidatta.
Non è chiaro come si sia svolto l'esordio artistico di Boccato: egli dirà di essersi trasferito a Venezia per qualche tempo entrando nell'ambiente artistico della città, ma facendo allusione a personaggi che poteva aver incontrato solo alcuni anni più tardi.
La prima notizia precisa che si ha sul suo conto dopo il diploma è datata 27 ottobre 1910, quando venne chiamato alle armi, nel 37° Reggimento di Fanteria.
Nel foglio matricolare, alla voce "arte o professione" è scritto "pittore": chiaro indizio della precisa volontà di seguire la strada dell'arte. La notizia successiva è del 20 novembre 1911, quando Boccato è imbarcato a Napoli per partecipare alla guerra di Libia; ritornerà in patria un anno dopo, sbarcando a Livorno il 24 ottobre, quando la guerra era anche ufficialmente conclusa.
Non prima di questo periodo Boccato poté venire in contatto con Alessandro Pomi, Duilio Corompai e Luigi Cobianco; e più tardi ancora con Aldo Bergamini e Fioravante Seibezzi (nati entrambi, questi ultimi, nel 1903). Oltre che con questi artisti Boccato ricordava di essere entrato in relazione con Alessandro Milesi, personaggio allora in altissima considerazione (insegnante all'Accademia di Belle Arti, fu sempre presente alla Biennale di Venezia dalla prima alla 19" edizione, e nel 1912 vi ebbe una mostra personale): tipico esponente della pittura tardo-ottocentesca (era nato nel 1856), Milesi vedeva nel naturalismo, e spesso nel naturalismo aneddotico, il campo privilegiato dell' arte, spendendovi (e disperdendovi) notevoli risorse tecniche.
Sarebbe interessante sapere quali rapporti si siano realmente stabiliti fra il pittore affermato e il giovane provinciale; ma è già significativo che Boccato ricordasse Milesi e non, per esempio, Ettore Tito, allora anche più celebrato, che in quegli anni (ma già da tempo) interpretava in chiave naturalistica miti e allegorie: si può già vedervi la scelta di un àmbito di interessi dettati dall'immediatezza, il rifiuto di una pittura celebrale ed equivoca.
Ciò che, poi, trova conferma nel fatto che pur apprezzando Milesi, Boccato fece poche concessioni al descrittivismo aneddotico, di cui rimane traccia solo per i titoli di quadri citati nelle cronache degli anni Venti, come "Preoccupazioni per il domani", "Piccola ladra" o "Sperdute". .
Non sembra, comunque, che Boccato avesse colto le novità che in quegli anni maturavano a Venezia nell'ambiente di Ca' Pesaro: i nomi che rimasero per lui significativi, come s'è visto, esprimono un tipo di interessi orientati non verso lo sperimentalismo, per quanto moderato, ma verso la "tradizione"; del resto, lo stesso Boccato, quando si troverà a doverla definire, indicherà come "impressionista" la propria pittura.
Boccato ricordava che nel 1913 (o nel '14) due suoi quadri - un paesaggio e una natura morta - vennero ammessi ad una mostra collettiva che si tenne a Rovigo: ma non se n'è trovata traccia sui giornali dell'epoca.
Comunque è ovvio credere che il pittore abbia cercato di farsi conoscere.
Il suo primo quadro noto, "Mio nonno", un ritratto di quegli anni, mostra un pittore pieno di vitalità e di entusiasmo, sicuramente dotato, ma non ancora padrone di un vero stile pittorico.a1
Probabilmente in quel periodo Boccato si innamora di Maria Antonia Donà, di cinque anni più giovane di lui, figlia di un muratore adriese, che gli sarà compagna riservata e fedele, e che sarà soggetto di molti quadri e di moltissimi disegni.
Il 19 maggio 1915 nasce il loro primo figlio, Gino.
La prima guerra mondiale allontana un'altra volta Ugo dal suo ambiente: nel maggio 1915 viene richiamato e mandato a Imer; due anni dopo a Pojana di Granfion, infine a Milano, dove rimane fino al congedo e dove, secondo quanto ricorderà successivamente, riesce a continuare a dipingere.
Da Milano poté tornare qualche volta ad Adria, a ritrovare i familiari, e il 28 dicembre 1918, a guerra finita, sposò Maria Antonia.
Tuttavia Boccato era ancora in servizio militare, e quindi doveva essere di stanza a Milano: per la moglie e il figlio stabilì l'abitazione presso quella dei propri genitori, i quali si erano trasferiti in Via Scalo.
Boccato ricevette la licenza illimitata il 20 luglio 1919, ma sebbene nel frattempo fosse nata la sua seconda figlia, Dolores, per qualche mese si trattenne ancora nel capoluogo lombardo, dove si era iscritto alla "Famiglia artistica" e alla "Società delle Belle Arti", evidentemente per tentare di inserirsi nell' ambiente artistico locale: e si legò di amicizia con Donato Frisia, Angelo Cantù e Giuseppe Amisani, dai quali - ricorderà - ricevette incoraggiamenti e utili consigli.
In particolare l'amicizia con Frisia (di sette anni più vecchio) sembra la più forte: qualche lettera o qualche cartolina sopravvissute mostrano che la corrispondenza fra i due rimase viva a lungo: probabilmente fino alla morte del pittore brianzolo, avvenuta nel 1953.
Anche l'esperienza milanese sembra condotta come quella veneziana: nella capitale artistica dell'Italia di quegli anni, dove erano maturate le vivaci e importanti - anche se non profonde e ormai, per tanti aspetti, già concluse - vicende del Futurismo, Boccato si accosta ad artisti per i quali la pittura è prima di tutto abilità descrittiva del dato naturale.
Nei primi mesi del 1920 Boccato rientrava definitivamente ad Adria.
Non essendoci in tutto il Polesine una galleria d'arte, Boccato espone alcuni suoi quadri nelle vetrine di negozi della città, che vengono commentati favorevolmente dal "Corriere del Polesine" (che però non ha collaboratori specializzati in fatto di arte: le note sono stese dal corrispondente locale). Ma il pittore vuole farsi conoscere in maniera convincente, e decide di allestire ad Adria la sua prima mostra personale: la annuncia fin da aprile, e la inaugura verso la fine di agosto nei locali della scuola elementare. Il discorso introduttivo fu tenuto dall'avv. Gastone Costa, giunto appositamente da Roma (il quale, per altro, parlò sull'arte in generale, non avendo avuto la possibilità di vedere prima le opere esposte).
La mostra - che rimase aperta per un mese - presentava ben 150 lavori fra olii, acquerelli, disegni a penna, a matita, a carboncino e a sanguigna; le vendite interessarono 13 olii, 5 acquerelli e 16 disegni.
Ma l'avvio non poteva essere facile. Il mestiere di artista "puro", già difficile nelle grandi città, nel Polesine di quel periodo era semplicemente impossibile, e non permetteva certo di mantenere una famiglia. Boccato tentò, nel novembre 1922, assieme ad un certo Mario Silvestrini, di avviare un esercizio di ingrandimenti fotografici, ma tre mesi dopo si ritirò dall'impresa per dedicarsi all'attività di decoratore (in pratica accettava di effettuare qualunque tipo di verniciatura): e questa attività - che durerà quasi un trentennio - gli permise per molto tempo di mantenere la famiglia anche con una certa agiatezza.
La quale famiglia aumentava nel 1921 con la nascita di Lanfranco, nel 1923 con la nascita di Carla, e due anni dopo con quella di Franz.
Nel 1923 all'Accademia dei Concordi di Rovigo, in occasione della tradizionale fiera d'ottobre, per iniziativa degli Amici dell' Arte della città si allestì una mostra di artisti polesani. Era la terza volta che si promuoveva tale manifestazione: le due precedenti, nel 1911 e nel 1917, erano state organizzare dall'Accademia stessa, e avevano visto l'adesione degli artisti locali più noti;
questa volta, invece, si verificarono molte diserzioni per cui il tono della mostra venne considerato minore. Comunque sia, vi partecipò anche Boccato.
La mostra fu recensita da Eugenio Ferdinando Palmieri sul "Corriere del Polesine", riservando a Boccato un giudizio d'attesa: ne apprezzava il temperamento ma ne denunciava l'eclettismo dispersivo.
Non conoscendo quali opere Boccato esponesse non si può verificare la consistenza di quei rilievi, ma è probabile che fossero fondati: malgrado le evidenti doti naturali Boccato non fu un artista precoce; e non si deve trascurare che gli anni decisivi per la formazione di un artista furono per lui prima poco valorizzati per la mancanza di una vera scuola, poi disturbati dalla partecipazione a due guerre: dovette, dunque, lavorare tenacemente per anni per costruirsi quella pratica di mestiere che è condizione non sufficiente ma certo necessaria per chi voglia impegnarsi seriamente nel campo nell'arte. Comunque, sulla decisione di fare della pittura lo scopo della sua vita non risulta che Boccato abbia mai avuto ripensamenti.
L'artista inseguì le esposizioni che venivano organizzate nei centri più vivi fuori dal Polesine: nel 1922 (maggio-giugno) fu presente all'Esposizione primaverile d'arte a Padova; nella primavera del 1923, alla Terza Mostra artistica nel Palazzo Ducale a Mantova espose quattro opere (un autoritratto a carboncino e tre paesaggi ad olio); nello stesso anno fu accettato alla 38" Biennale nazionale d'arte di Verona; nel 1925 partecipò all'Esposizione d'arte dei combattenti delle Tre Venezie che si tenne nell'Ala Napoleonica in Piazza S.Marco a Venezia; l'anno dopo poté esporre un quadro ("Giovane madre") alla Mostra d'arte del fanciullo d'Italia, alla Galleria Buffoli di Milano, e un altro ("Testa d'uomo") a Padova, alla 4" Esposizione d'arte delle Tre Venezie, allestita nella Sala della Ragione; in ottobre partecipò alla 2" Mostra di Belle Arti della città di Chioggia; nel 1927, in primavera, espose due paesaggi alla Permanente di Milano (e vi tornerà nei due anni successivi); alla 5" Esposizione di Padova fu presente con tre opere di grafica (e vi fu accolto anche l'anno seguente)...
In questo modo Boccato riuscì a tenersi in contatto con il mondo artistico nazionale. Erano gli anni del cosiddetto "ritorno all'ordine", quando anche gli artisti che prima della guerra avevano dato vita alle "avanguardie" rivedevano le loro posizioni estremiste e riprendevano un dialogo più diretto con le forme naturali, senza per altro restare invischiati in un naturalismo fine a se stesso. Alla fine del 1922 nasceva "Novecento"; di lì a poco Carlo Carrà rilanciava i "valori plastici" della pittura italiana da Giotto a Piero della Francesca.
Boccato non fu affatto insensibile a quegli stimoli, come dimostrano i pochi dipinti noti sicuramente databili agli anni Venti: c'è, per esempio, il "Ritratto di Aldo Chiaratti" (un commerciante adriese - che, fra l'altro, espose diversi quadri di Boccato nelle vetrine del proprio negozio - ucciso dai fascisti nel maggio 1925 perché si era opposto alle loro angherie), eseguito nel 1926, che pur con alcune durezze dovute alla copia da una fotografia, documenta uno stile di pittura molto controllato.
La primavera del 1925 aveva visto i fascisti imporre il loro potere anche ad Adria: dopo di che la vita sociale fu "normalizzata", e per molto tempo in città non emersero più - almeno a livello ufficiale - tensioni e conflitti.
Di fronte a quanto era successo negli anni precedenti, non risulta che Boccato abbia preso una posizione esplicita - una posizione ragionata e convinta:
la necessità di mantenere la famiglia e la volontà di seguire la sua inclinazione alla pittura non dovettero consentirgli molte riflessioni teoriche.
Doveva, semmai, controllare il proprio temperamento impulsivo, fondamentalmente anarchico, che poteva metterlo nei guai: e infatti gli era capitato qualche volta di trovare opportuno non rientrare a casa la sera a dormire per non farsi trovare da qualche fascista di cui non condivideva le idee; e talvolta trovò preferibile passare qualche settimana in Cadore anziché ad Adria, per lasciar passare momenti di tensione che potevano risultargli pericolosi.a2
La "normalizzazione" della vita adriese portò logicamente ad un miglioramento della situazione complessiva della città. Boccato riesce finalmente ad avere un locale ampio e adeguatamente illuminato dove poter lavorare: va ad abitare con la famiglia in una villa costruita appositamente per loro da Giò Batta Donà, impresario edile zio di Maria Antonia, sulla Via per Cavarzere (oggi Via Ragazzi del '99): vi si trasferisce da Via Alberto Mario, dove era andato ad abitare nel 1921.
Per diversi aspetti gli anni dei fasti fascisti furono favorevoli ad Adria: Giovanni Marinelli, segretario amministrativo del Partito Nazionale Fascista dalla fondazione al 1943, era adriese, e non trascurò affatto la sua città: la prova più vistosa di quella "protezione" rimane il grande Teatro del Littorio (oggi Teatro Comunale), inaugurato nel 1935; ma, naturalmente, il legame di Marinelli con Adria si manifestò in mille altri modi.
Nell'estate 1929, nei locali della scuola elementare di Via Molinterran si allestisce la l" Mostra d'arte polesana (prima per Adria, ché già due ne erano state allestite a Rovigo in anni precedenti): la manifestazione è posta sotto l'alto patronato dell'on. Giovanni Marinelli, il quale mette a disposizione 3.000 lire per i premi. Boccato fa parte del Comitato esecutivo della mostra.
La giuria (composta di tre pittori: Achille Bozzato, Duilio Corompai e Angelo Pavan) divide la somma a disposi7ione in tre parti uguali, e premia anche Boccato per "La lettura": un quadro severo e controllatissimo, che rivela un Boccato capace di elaborazioni intellettuali persino sofisticate, sia pure accogliendo influssi da Cagnaccio di San Pietro e da Felice Casorati. Per il quadro aveva posato la moglie del pittore.
Sulla mostra si accese una forte polemica scatenata da Giuseppe Marchiori con una lettera pubblicata da "La Voce del Mattino" del 23 agosto, denunciando il basso livello e gli equivoci dell'esposizione; vi intervennero vari esponenti della cultura polesana (Gastone Martini, Pino Bellinetti, Eugenio F. Palmieri, ancora Marchiori). Anche Boccato venne tirato in ballo. Sia Marchiori che Martini riconobbero la validità de "La lettura", anche se denunciarono dei difetti nel disegno della mano. Palmieri (che non aveva visitato la mostra) ricordò sfavorevolmente le opere che l'adriese aveva esposto a Rovigo nel 1923. Questo fornì occasione per una lettera firmata da Ido Boccato (fratello maggiore di Ugo), pubblicata da " La Voce del Mattino" del 5 settembre, nella quale si rimproverava allo scrittore di esprimere giudizi senza aver considerato la carriera compiuta da un artista ormai accolto in diverse mostre nazionali.
Nell' esposizione adriese, comunque, Boccalo vendette cinque quadri ad olio (fra cui un "Ritratto di Giovanni Marinelli", acquistato dal Comune di Adria) e quattro disegni.
Nel 1930 il pittore allestì la sua seconda mostra personale a Chioggia. Tra marzo e maggio tornò alla Permanente di Milano, sia pure con un solo quadro ("A Valle di Cadore"), e l'anno dopo con due; nel 1932 fu presente con due paesaggi alla 3" Mostra d'arte triveneta a Padova, organizzata dal Sindacato regionale fascista Belle Arti.
Nel 1932 la Biennale di Venezia rendeva omaggio a Claude Monet, morto nel 1926, con una retrospettiva di 12 dipinti: si può credere che Boccato abbia visto quei quadri e ne sia rimasto suggestionato. Certo è che "La Voce del Mattino" pubblicò due recensioni della 2a Mostra d'arte polesana inaugurata ad Adria 1'8 agosto, una firmata da Mario Morgana (che era divenuto il collaboratore artistico del giornale), l'altra da Robert Key, ed entrambe apprezzarono di Boccato i paesaggi realizzati con uno "stile impressionista" che rappresentava una svolta nella sua pittura (ma Key sottolineò anche le discontinuità stilistiche riscontrabili nei dipinti di figura, e fra questi e i paesaggi).
La 2" Mostra d'arte polesana di Adria, ancora sotto l'alto patronato di Marinelli, ricalcava l'impostazione della precedente del '29; anche questa volta Boccato fece parte del Comitato esecutivo, e fu uno dei cinque artisti a cui fu riservata un'intera sala, per cui poté esporre 37 opere.
Alla mostra si accompagnava un concorso di pittura per il quale erano stati fissati due temi, "Paesaggio adriese" e "Soggetto polesano", con premi, rispettivamente,. per 1.000 e per 500 lire. La partecipazione al secondo tema fu così modesta per quantità e per qualità che la giuria (composta da Ugo Nebbia, Giuseppe Cordella e Giovanni Battista Scarpari) ritenne di non dover assegnare il premio, e ne unì l'importo a quello del primo tèma, dividendo le 1.500 lire fra i tre pittori che in quella sezione furono giudicati i migliori a pari merito: Bergamini, Boccato e Cobianco, le cui opere divennero di proprietà comunale.
Pochi mesi dopo, nella prima metà di dicembre, Boccato allestì un'altra personale ad Adria, nelle sale del Circolo Unione. La stampa locale ne diede notizie e recensioni piuttosto fredde. Si può ipotizzare che anche in questa occasione emergessero quelle incoerenze evidenziate dal Key pochi mesi prima, e che in realtà documentano la svolta decisiva nel!' arte di Boccato: i ritratti, che negli anni precedenti erano realizzati con preciso rigore, ora cominciano a presentare forme plasticamente più morbide e pastose, accogliendo le suggestioni dei "valori plastici" di cui Carrà si era fatto corifèo; ma è trattando il paesaggio - dove il soggetto risulta meno vincolante alla riproduzione di forme precise - che il pittore sembra più pronto a reagire e ad accogliere indicazioni per lui più utili, raggiungendo in breve un fare più sciolto, più fluido, più immediato: che sarà veramente - e finalmente - la sua pittura autentica.
Il quadro con cui Boccato partecipò, nel settembre 1933, al Premio nazionale di pittura di La Spezia, sebbene noto solo attraverso la riproduzione in catalogo, presenta un inequivocabile carattere neo-impressionista, che ancora non si trova, per esempio, nell "Autoritratto" esposto nel 1934 alla Mostra dell'Opera Bevilacqua - La Masa, in cui prevale il carattere "novecentista".
Alla fine del gennaio 1933 si costituì anche a Rovigo il Sindacato fascista Belle Arti; ne fu nominato fiduciario Gino Pinelli. Dalla corrispondenza conservata - una lettera di Bergamini e una di Cobianco - sembra che Boccato potesse svolgere un certo ruolo attivo nel sindacato, almeno nella zona di Adria; di fatto, però, la nuova organizzazione rimase inerte, rivelando ben presto che la sua funzione principale era il controllo di ogni iniziativa da parte del potere centrale: Io si vedrà chiaramente nel febbraio 1936, quando il Sindacato richiamò i podestà perché le mostre d'arte, collettive o personali, venissero consentite solo agli artisti "in perfetta regola con il Sindacato".
La sostituzione di Pinelli con Giovanni Marzolla sembrò scuotere l'organismo, e nel febbraio 1934 si inaugurò la l'' Mostra sindacale d'arte polesana, posta sotto la presidenza dell' on. Ottorino Piccinato e allestita nel salone del Consiglio provinciale dell'economia corporativa {cioè della Camera di commercio}. La commissione selezionatrice (Luigi Cobianco, Aldo Bergamini e Fioravante Seibezzi) accettò soltanto metà delle opere presentate, e fra queste cinque di Boccato: tre recenti e due di qualche tempo prima, e sulla stampa locale queste piacquero, quelle trovarono riserve per "la pegola spessa che sembra mista ai colori".
Frattanto la famiglia era ancora aumentata: nel '28 era nata Wladimira, nel'30 Omelia, nel '32 Ardea, nel '34 Cinzia. Ma il 19 maggio 1934, tre giorni prima di compiere il 72° anno, moriva Romano Boccato.
Ugo tenne con sé la madre per qualche tempo, poi Anna Casellato andò a vivere con il quartogenito Umberto.
Gli anni che seguono, anche se offrono a Boccato alcune occasioni di successo, sembrano caratterizzati da difficoltà: un indizio può vedersi nel fatto che dopo la mostra personale allestita ad Adria nel 1935 (32 opere esposte nelle sale del Circolo Littorio), per molto tempo l'artista si limitò a partecipare a collettive.
In Polesine gli avvenimenti artistici di maggior rilievo di quegli anni furono le due mostre organizzate dal Sindacato provinciale.
La 2" Mostra, allestita a Rovigo nel Salone del Grano nel luglio 1936, fu selezionata da una commissione (pittori Teo Gianniotti, Luigi Cobianco, Aldo Bergamini, Gino Pinelli e Angelo Prudenziato con funzione di segretario, e scultore Virgilio Milani) che accolse anche otto opere di Boccato, le quali riscossero un successo piuttosto tiepido, tanto che le vendite furono limitate a due paesaggi acquistati dal PNF con fondi messi a disposizione dall'on. Marinelli "a titolo di incoraggiamento" (i quadri così acquistati furono donati alla Federazione provinciale dei Fasci di combattimento); la 3" Mostra, inaugurata il 31 ottobre 1939 nello stesso locale della precedente, fu selezionata dai pittori Teo Gianniotti e Carlo Dalla Zorza e dallo scultore Toni Lucarda: Boccato vi fu ammesso con quadri ad olio e disegni, e ricevette il primo premio per il paesaggio, sia pure dividendolo ex aequo con Ernesto Pomaro.
Il quadro vincitore, "La strada", mostra in modo ormai definito i caratteri dalla pittura più matura e personale di Boccato.
Fra le due mostre rodigine c'era stata la breve esperienza "futurista" del pittore, che si lasciò coinvolgere dal Gruppo "Savarè".
Si trattava di uno dei tanti circoli sorti "sotto la guida di Sua Ecc. Marinetti" quando il Futurismo era ormai esaurito come movimento culturale e ridotto a falciare di regime.
Il Gruppo di Monselice, fondato da Corrado Forlin e Italo Fasullo, era sorto alla fine dal 1936, e fu lo stesso Marinetti ad intitolarlo "all'eroico caduto nella più futurista delle guerre, quella che ci diede !'Impero" (come affermò un articolo de "Il Polesine Fascista" del 4 marzo 1937).
Di Futurismo ad. Adria non si era mai parlato seriamente: l'unico precedente, anzi, si riduceva ad un carnevalesco veglione mascherato del febbraio 1924. Il Gruppo "Savarè", animato da spirito di proselitismo, diede vita a manifestazioni in varie province del Veneto, e nel febbraio 1938 allestì la sua 4" Mostra futurista ad Adria, sostenendola con adeguata campagna pubblicitaria; l'inaugurazione fu, naturalmente, presieduta da Matinetti. Può darsi che in quell'occasione Boccato abbia incontrato il poeta; comunque dovette rimanere in qualche modo suggestionato dall'avvenimento se poco dopo, in aprile, partecipò alla mostra del Gruppo allestita nel Teatro Sali eri di Legnago, dedicata ad "aeropittura, scultura, architettura, lattoplastica, dinamismo sportivo". Non conoscendo le sue opere "futuriste", è difficile immaginare come Boccato abbia potuto inserirsi in un programma del genere.
Boccato sosterrà poi che fu lo stesso Marinetti, incontrato pochi mesi dopo a Padova in occasione della Biennale Triveneta, a consigliarlo a continuare nella sua pittura naturalistica, certamente più sincera: e questa dovette esporre nella collettiva tenuta ad Adria nella prima metà di luglio 1938, nei locali del Teatro del Littorio.
Certamente più significativa è la partecipazione di Boccata alle mostre fuori provincia, dove il confronto era ben più arduo, con situazioni culturali comunque più vivaci di quella polesana. Gli episodi più significativi: nel novembre 1936 partecipa al Concorso nazionale "Premio Franck" al Castello Visconteo di Pavia, dove espone "Madre" (riprodotto in catalogo); a Venezia, alle mostre dell'Opera Bevilacqua - La Masa partecipa nel 1936 (la critica veneziana apprezza esplicitamente due suoi paesaggi), nel 1937, nel 1938 (un suo quadro è acquistato dal Comune di Venezia) e nel 1940; sue opere vengono esposte a Este, a Chioggia, a Padova, ecc.; nel 1941, alla 3' Mostra del Sindacato nazionale fascista Belle Arti di Milano la sua "Casa rossa" è acquistata dalla Confederazione professionisti ed artisti. Ma è nel 1939 che Boccato tocca il successo più significativo: un suo quadro, al pioppi" è accettato alla 3' Quadriennale di Roma, e poi acquistato dal Ministero della cultura popolare.
È, finalmente, una esplicita affermazione a livello nazionale.
Le soddisfazioni sul piano artistico venivano però amareggiate da un progressivo scadimento delle condizioni economiche. La famiglia era ancora aumentata con la nascita degli ultimi due figli, Everardo (1937) ed EIgizia (1939); le entrate, però, evidentemente, erano diminuite, al punto che nel 1940 si rese necessario vendere la casa di Via per Cavarzere e ritirarsi in una modesta abitazione in Vicolo Preti.
Che il pittore fosse in difficoltà si coglie anche da un altro particolare: nell' estate 1940 si rassegnò a chiedere l'iscrizione al Partito Nazionale Fascista, e accolse di buon grado di poter fare anche lavori stagionali, come quelli negli zuccherifici che allora abbondavano in Polesine.
A rendere più amara la situazione si aggiunsero i lutti: e se la morte della madre, il 2 gennaio 1939, poteva essere accettata con naturalezza per l'età avanzata di Anna Casellato, quella della moglie, il 5 settembre 1941, a soli 46 anni, fu un colpo molto faticoso da sopportare.
La seconda guerra mondiale non coinvolse direttamente il pittore: ormai cinquantenne e con un grave carico familiare, Boccato non fu chiamato a combattere, e potè quindi proseguire la sua attività artistica; e così nell'ottobre 1942, presentando quattro quadri (tre paesaggi e una natura morta), fu tra i 22 artisti che risposero all'invito del Sindacato Belle Arti per una mostra destinata - con la vendita di un' opera donata da ciascun espositore - a reperire i fondi per un nuovo organo nella chiesa rodigina della B. Vergine del Soccorso, che fu allestita nel Salone del Grano a Rovigo; e nel giugno-luglio 1943 espose un paesaggio alla Bevilacqua - La Masa.
Ma in quel tempo si agitavano anche altre, e drammatiche, questioni.
Boccato aveva formalmente aderito al Sindacato Fascista Belle Arti fin dal suo nascere per poter operare come pittore, e quando la situazione non gli offrì alternative, aderì anche al PNF: ma mantenne sempre la propria indipendenza, e i suoi amici lo sapevano: tant' è vero che poco dopo la costituzione (nel novembre 1943) del Comitato di Liberazione Nazionale di Adria fu contattato perché ne facesse parte anche lui: ed egli aderì, accettando di collaborare nell'assistenza agli sbandati e alle loro famiglie.
L'artista non potè sfuggire ad una retata compiuta dai fascisti locali, nel settembre 1944: di notte fu prelevato per essere deportato in Polonia; dopo di che il figlio maggiore fece sparire rapidamente carte compromettenti e una pistola che erano in possesso del pittore.
In Polonia Boccato rimase soltanto un mese, potendo rimpatriare fortunosamente.
Per qualche tempo, ad ogni modo, la prudenza gli suggerì di rimanere nascosto in casa, e lasciar credere di essere ancora prigioniero all' estero.
La ripresa della vita civile al termine della guerra offrì al pittore nuove occasioni.
Nell'ottobre 1946 due suoi paesaggi furono accettati alla l" Mostra d'arte moderna alla Villa Nazionale di Stra, e a fine d'anno a Rovigo il rinnovato Sindacato artisti gli allestì una personale. Nel 1947, fra l'altro, venne accolto alla 2' Mostra triveneta del ritratto a Udine. Nel 1948 riuscì" superare il vaglio dell'ammissione alla Mostra dell'Aprile milanese, e il suo "Meriggio invernale" fu esposto alla Villa Reale del capoluogo lombardo (Frisia gli comunicò l'avvenuta. accettazione con un biglietto in cui accennava che era stato eliminato più del 90% delle opere presentate): in ottobre partecipò alla Mostra del Sindacato italiano Belle Arti di Rovigo, allestita nella sede del Sindacato stesso; fu accolto, ancora, al "Premio F.P. Michetti" a Francavilla al Mare, con due paesaggi, e a Ravenna (con un paesaggio); allestì due personali (una a Badia Polesine e una a Chioggia); ma soprattutto fu accettato alla Biennale di Venezia con un paesaggio intitolato "Alberi e barche" (oggi di proprietà di un amatore di Chioggia) che conferma la linea per così dire "impressionista" ormai acquisita da Boccato da quasi un ventennio.
Quella Biennale fornì certamente a Boccato l'occasione per un nuovo contatto con il genere di pittura a lui più congeniale (vi si esponeva, infatti, una rassegna di impressionisti francesi), che può spiegare una rinnovata, più esplicita luminosità nella sua produzione successiva.
Nel 1949 Boccato è ancora a Ravenna (agosto-settembre) con tre paesaggi, e a Venezia (settembre) al "Premio Favretto"; nel 1951 torna a Ravenna, ed è a Massalombarda e ancora al "Premio F.P. Michetti". Nel maggio di quell'anno partecipa con due quadri alla mostra "I fiori nell'arte" a Rovigo, affrontando un soggetto per il quale non doveva avere molta propensione, dal momento che prima di allora non lo aveva praticamente mai trattato, e che riconsidererà qualche tempo dopo in modo altrettanto occasionale (per soddisfare le richieste di un dilettante che gli chiedeva un orientamento), raggiungendo per altro alcuni risultati di rilievo.
Sempre nel 1951 è fra coloro che espongono alla Mostra provinciale, allestita nel Salone del Grano di Rovigo, organizzata dal Comune e dal Sindacato per scegliere alcune opere con cui avviare una raccolta d'arte moderna all' Accademia dei Concordi: uno dei suoi quadri, "Pagliai", verrà ritenuto meritevole di figurare all'Accademia, e perciò premiato, dalla giuria presieduta da Virgilio Guidi.
Nel novembre 1951 il Polesine veniva investito dall'alluvione del Po, e anche Boccato con la sua famiglia - come tanti altri polesani - era costretto ad emigrare, sia pure solo per qualche mese: andò a Camino del Tagliamento, dove rimase fino al giugno dell'anno successivo. Quel paesaggio, come si deduce da una lettera scrittagli il 17 dicembre dall'amico pittore Luigi Pagan, gli risultava "un po' ostico, senza respiro e chiuso dal fitto verde": eppure è un paesaggio di campagna piatta non molto diverso da quello del Polesine. Ma forse lo guardava con gli occhi della nostalgia per la sua Adria. Là, comunque, è confortato dalla solidarietà di amici e colleghi: il 7 dicembre Bergamini gli scrive annunciandogli che gli amici della Colomba (un bar di Venezia, ritrovo di artisti) gli manderanno un aiuto; il 18 dicembre il pittore udinese Bepi Liusso, che ha curato la' vendita di due suoi quadri, gli manda 23.500 lire.
Gli anni che seguono la grande alluvione sono caratterizzati, per Boccato, soprattutto dal lavoro.
I figli sono ormai cresciuti, alcuni si sono sposati o si sono resi comunque economicamente indipendenti, per cui il pittore può progressivamente concentrare le sue energie sull'arte (ancora nel 1953 però assumeva il lavoro di tinteggiatura della Casa della madre e del bambino di Adria) .
a3 Nel settembre 1952 espone in città alcune opere eseguite a Camino del Tagliamento; poi è presente alla Mostra della ricostruzione del Polesine: la giuria, presieduta dal seno Stanislao Ceschi e composta da un architetto (Lisa Ronchi), un pittore (Guido Cadorin), uno scultore (Virgilio Milani, che funge anche da segretario), un critico (Giuseppe Marchiori) e dal presidente dell'Accademia dei Concordi (l'ing. Yorik Gasparetto), esprime un verdetto molto severo: per il concorso nazionale non assegna né il primo né il secondo premio, ma solo il terzo; istituisce però dei premi acquisto, e assegna a Boccato il più consistente; per il concorso provinciale non assegna alcun premio, ma destina la somma a disposizione per acquistare opere, fra le quali una di Boccato.
Negli anni che seguono l'artista continua ad essere accolto a manifestazioni di buon livello, come la Biennale Triveneta di Padova (1953 e 1955), come la Mostra per la 6" Campagna dell'U.S. appeal far children a Roma (1955), come la Mostra nazionale d'arte contemporanea a S. Benedetto del Tronto (luglio-agosto 1955).
Logicamente Boccato non perde le manifestazioni locali, specialmente le più qualificate (è presente alle due estemporanee organizzate a Rovigo nell'autunno del 1954 e in quello del 1955: nella prima è segnalato, nell'altra riceve un premio acquisto), ma anche le minori, come le estemporanee che, seguendo la moda del momento, vengono organizzate per le sagre dei paesi.
E tuttavia non sempre sa imporsi perché, a dispetto delle apparenze, Boccato non è un improvvisatore.
In quegli anni la vita artistica adriese viene quasi improvvisamente vivacizzata dall'arrivo di Cina Ranzato, un chioggiotto pieno di iniziative e dotato di notevole capacità organizzativa. Di professione è ufficiale giudiziario, ma ha una viva passione per l'arte ed è egli stesso un valente acquerellista. In breve mette in piedi alcune iniziative importanti per Adria e per tutto il Basso Polesine: la mostra-mercato annuale di Via Ruzzina (che nasce nel 1955 con un aspetto prevalentemente folcloristico, ma che ben presto acquista un significato di manifestazione culturale 1i respiro interregionale); la riunione degli artisti locali in un sodalizio che favorisca le occasioni di confronto e di attività (il Circolo Artistico Adriese nasce ufficialmente nei primi giorni del 1958); e trova l'ambiente dove allestire mostre con regolarità mensile (il salone dell' Albergo "Stella d'Italia", presso la stazione ferroviaria).
Boccato non fa parte, almeno ufficialmente, del gruppo dei fondatori del Circolo Artistico Adriese, ma è spesso presente alle esposizioni mensili del sodalizio.
La formula, dettata da Ranzato, prevede un tèma nuovo per ogni mese, e gli stessi espositori sceglieranno le due opere da considerare migliori, che saranno esposte non appese al muro ma su cavalletto.
Quando il tema è "autoritratto" (maggio 1958) l'onore del cavalletto è per Boccato (che, però, ha presentato un quadro del 1950).
a4 Un anno dopo Boccato deve interrompere la sua normale attività: il 13 maggio 1959 deve essere ricoverato all' Arcispedale "S. Anna" di Ferrara per essere operato all'occhio destro, nel quale si è verificato il distacco della rètina.
L'intervento ha esito favorevole, per cui, dimesso dopo la metà di giugno, il pittore riprende la sua normale attività, anche all' aperto.
Quasi che la forzata inattività e la monotonia della vita d'ospedale lo avessero costretto ad un riesame del significato del proprio lavoro, arrivando alla conclusione di dover fare qualcosa per rinnovarsi, quando rientra ad Adria Boccato decide di sperimentare l'arte "astratta" (e anche in questo si manifesta il carattere impulsivo del pittore). Vent'anni dopo, scrivendo all'amico Aldo Carlan, ricorderà quel tentativo in questi termini: "All'uscita dell' ospedale mi ero proposto di abbandonare l'impressionismo e per un periodo di tre mesi ho fatto una trentina di quadri astratti, ne ho esposti 5 a Rovigo, che sono piaciuti agli artisti, e due li ho inviati ad una mostra nazionale a Trento dove, con sorpresa, sono stati segnalati" (lettera dell'H luglio 1978).
Ma il periodo "astratto" dura poco: Ugo Nebbia Io va a trovare, riconosce che in quelle opere qualcosa di buon c'è, ma incoraggia il pittore a continuare per la strada a lui più congeniale dell'"impressionismo".
Purtroppo, però, qualche mese dopo l'intervento si verifica un nuovo distacco della retina: e questa volta i medici ritengono inopportuno tentare un nuovo intervento, il cui esito si prospetterebbe molto incerto: per cui Boccato rimane definitivamente cieco dell'occhio destro.
Ma né questa menomazione né l'età avanzata tolgono entusiasmo a Boccato, che continua a partecipare a manifestazioni importanti e secondarie, comprese le estemporanee di paesaggio che non sempre si svolgono nelle condizioni più favorevoli: come quella del Maggio Arquatese del 1962, effettuata in una giornata di tempo variabile, con momenti di pioggia: fatto che scoraggiò la partecipazione di molti artisti, ma non quella dell'ultra-settuagenario Boccato: che poi guadagnò il' secondo premio.
Con quasi mezzo secolo di carriera alle spalle, costellata di riconoscimenti anche di alto livello, Boccato era un pittore conosciuto e stimato in tutto il Polesine.
Era logico, quindi, che venisse invitato alle manifestazioni artistiche che in quegli anni si tentarono a Rovigo con l'ambizione di inserire la città in un giro di iniziative almeno regionale. Così nel 1960 partecipò a un Premio nazionale di pittura "Garofalo - Città di Rovigo" (primo di una serie mai più proseguita), e nel 1961 alla prima (e anche questa unica) Mostra d'arte triveneta, anch'essa nel vasto Salone del Grano.
Naturalmente Boccato curò anche l'allestimento di diverse mostre personali: nel maggio 1960 ad Adria, promossa dal Circolo Artistico Adriese; nel gennaio 1961 a Rovigo, alla Piccola galleria del Polesine "Livio Rizzi", e nel febbraio a Ferrara, alla galleria "Il bulino"; nel 1963 ancora a Rovigo, alla galleria "Garofalo" (12-22 giugno) e all'Accademia dei Concordi (15-25 dicembre).
Anche in questo presentarsi due volte in sei mesi nella stessa città (come già nel '32 ad Adria, dove, anzi, l'intervallo fra le due mostre fu di tre mesi), in città, per di più, di piccole dimensioni, emerge il modo istintivo con cui Boccato affrontava le situazioni: nessuna pianificazione, nessuna astuzia nel dosare le presenze, nessun calcolo sulle opportunità da cogliere o da rifiutare in vista di risultati migliori.
Altre personali di quegli anni: nel 1965 ancora ad Adria (7-15 agosto); ad Aix-les-Bains, in Savoia, dove vive il fratello minore Virgilio, e a Bologna, al Circolo Artistico (4-16 dicembre); nel 1966 a Badia Polesine (13-21 agosto); nel 1968 alla galleria "San Luca" di Verona (21-31 gennaio); nel 1969 alla galleria "Ghelfi" presso il Gambrinus di Montecatini Terme.
Intanto ad Adria si sono cominciati ad avvertire gli effetti della presenza di un gruppo organizzato di artisti: nel 1963, in seguito alla costruzione e alla sistemazione del nuovo Museo Archeologico, la sala a pianterreno del centralissimo Palazzo Cordella rimane libera e viene messa a disposizione delle mostre d'arte; nel 1968 si apre la prima galleria d'arte adriese, l’''Etruria''.
Ma nell'ottobre 1967 si verifica una scissione all'interno del Circolo Artistico Adriese, e si origina il Circolo d'Arte Figurativa Contemporanea Adriese.
Nella riunione che sancisce il distacco dal sodalizio di Ranzato, in attesa di dare al gruppo una più articolata organizzazione, viene eletto presidente Ugo Boccato, che tiene la carica fino al maggio dell' anno successivo.
In questa veste, il 15 gennaio 1968, non appena si ha la notizia del terremoto che sconvolge la Valle del Belice in Sicilia, Boccato è il primo a prendere l'iniziativa di fare appello anche alla solidarietà degli artisti polesani (come non ricordare la solidarietà ricevuta nel 1951?): egli propone che ogni artista metta a disposizione un' opera per allestire mostre ad Adria e a Rovigo, per mandare ai terremotati il ricavato della vendita.
Una trentina di pittori a Rovigo e 24 nel Basso Polesine accolgono l'invito.
La mostra di Adria, curata dal Circolo di Arte Contemporanea, frutta 130.000 lire (per avere un termine di confronto: l'abbonamento annuo ad un quotidiano allora costava 18.500 lire), che vengono consegnate alla RAI per destinarle ai soccorsi.
Il Circolo d'Arte Contemporanea organizzerà una personale di Boccato ad Adria, dall' 8 al 17 aprile 1971.
Al pittore adriese, ormai più che ottantenne, tutti guardano con rispetto, in particolare gli artisti: e non solo gli anziani che hanno combattuto come lui o con lui diverse battaglie, ma anche molti giovani attratti dalla spontaneità della sua arte: sono per lo più dilettanti che hanno bisogno di orientare il loro modo istintivo di esprimersi, e per questo trovano consonanza in Boccato: ma non sempre ne colgono l'immediatezza e soprattutto la sincerità.
Quale fosse il prestigio di cui il pittore godeva può essere suggerito dalla creazione a Loreo, nel 1975, di un Circolo culturale-artistico a lui intitolato.
Alla fine del 1974 i Boccato abbandonano la casa di Vicolo Preti e si trasferiscono in una nuova abitazione in Via della Resistenza.
Nel progettare la villa si è pensato anche ad un salone a pianterreno abbondantemente finestrato, dove il vecchio pittore potesse lavorare senza dover faticare a salire e scendere scale.
Ma sebbene le forze non siano più quelle di un tempo, Boccato è sempre un uomo energico: al punto che alla fine di ottobre 1975 riesce a sostenere e a salvare una pittrice che con lui dipingeva sull'argine di uno scolo e che era scivolata in acqua.
Ma l'energia è anche nel carattere, che mantiene la capacità di guardare il presente con realismo e onestà.
E indicativo ciò che Boccata scrive a Carlan il 30 maggio 1978: "... noi siamo vissuti in un'epoca nella quale per esporre bisognava saper dire qualcosa, avere insomma delle idee. Oggi non è più così, ci si improvvisa pittori, si fanno mostre personali, si mobilita la stampa e il gioco è fatto. Ecco perché quelli che hanno sacrificato un'esistenza si sentono defraudati".
Qui si avverte il vecchio che ricorda la fatica del tirocinio compiuto, che sa di aver protestato, all'occorrenza, quando la stampa gli era sembrata ingiustamente sfavorevole, ma che poteva andare a testa alta perché non ne aveva cercato i favori.
Ma è realismo senza amarezza, come si capisce dalla frase che viene subita dopo: "Non ti nascondo però che fra i giovani ce n'è qualcuno serio e meritevole di rispetto...".
Le sue giornate si dividono fra il lavoro al cavalletto e la visita ai figli che abitano ad Adria (ma tre vivono con lui) o la partita a carte con gli amici.
Per facilitargli gli spostamenti Franz impara a guidare l'automobile e lo porta al centro della città o in giro per la campagna a ritrovare i luoghi che erano stati soggetti di tanti suoi quadri, e che mutano continuamente di aspetto sotto l'incalzare dell'evoluzione della civiltà tecnologica.
Ne nascono sempre nuovi schizzi, appunti rapidi che poi l'artista intende rielaborare in studio.
Ma, comprensibilmente, l'attività tende a diminuire sempre più.
L'ultima mostra personale che Boccato allestisce, dal 23 febbraio al 7 marzo 1980, al Circolo culturale "Rino d'Ambros" di Cavarzere, è di disegni.
Tuttavia l'artista continua a dipingere, fino a pochi mesi prima di morire: il 22 marzo 1982, a 91 anni suonati.

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